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Cos’è il CBD e perché è al centro del dibattito politico e legale in Italia

Negli ultimi anni, il CBD (cannabidiolo) è diventato uno dei protagonisti più discussi nel panorama normativo italiano, in particolare a seguito dell’approvazione del Decreto Sicurezza dell’aprile 2025. La sua diffusione, inizialmente legata al benessere e alla salute, è oggi oggetto di un acceso confronto tra imprenditori, giuristi, medici, attivisti e istituzioni. Ma perché questo composto ha scatenato così tanto interesse e, allo stesso tempo, così tante controversie?

Cos’è il CBD

Il CBD, abbreviazione di cannabidiolo, è uno dei principali cannabinoidi presenti nella pianta di cannabis sativa, insieme al ben più noto THC (tetraidrocannabinolo). A differenza del THC, il CBD non ha effetti psicotropi, cioè non provoca “sballo” o alterazioni sensoriali. Al contrario, diversi studi scientifici gli attribuiscono potenziali proprietà terapeutiche: antinfiammatorie, ansiolitiche, anticonvulsive, neuroprotettive e analgesiche.

Proprio grazie alla sua natura non stupefacente, negli ultimi dieci anni il CBD e prodotti come l’erba legale di Maria CBD Oil, hanno conosciuto un’espansione commerciale significativa, sia sotto forma di oli, cosmetici, integratori, tisane, caramelle e persino infiorescenze, vendute come “cannabis light” (cioè con un contenuto di THC inferiore allo 0,5%).

CBD e normativa italiana: un terreno scivoloso

In Italia, la coltivazione di canapa industriale è regolata dalla Legge 242/2016, che consente la produzione di varietà iscritte nel catalogo europeo e con contenuto di THC inferiore allo 0,2% (tollerato fino allo 0,6%). Tuttavia, la legge non disciplina in modo chiaro l’uso delle infiorescenze a fini non industriali, creando una zona grigia normativa.

Negli anni successivi, diverse sentenze (tra cui la celebre Cassazione del 2019) hanno oscillato tra la legittimità e l’illiceità della vendita delle infiorescenze, contribuendo a generare incertezza per produttori e commercianti.

A questa situazione già complessa si è aggiunto nel 2024 un Decreto interministeriale, che ha classificato il CBD per uso orale come sostanza stupefacente, rendendo necessaria la prescrizione medica per qualsiasi formulazione. Il decreto ha subito provocato un’ondata di ricorsi e critiche, in quanto ritenuto sproporzionato e non giustificato da dati scientifici concreti.

Il Decreto Sicurezza (aprile 2025): la svolta repressiva

La situazione è precipitata con l’introduzione del cosiddetto Decreto Sicurezza (D.L. n. 48/2025), convertito in legge nel giugno successivo. In particolare, l’articolo 18 di questo decreto ha stabilito il divieto assoluto di importazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, invio, spedizione e consegna di infiorescenze di canapa, indipendentemente dalla percentuale di THC (purché inferiore allo 0,5%).

In pratica, ciò ha significato la criminalizzazione della cannabis light, paragonandola a sostanze stupefacenti vere e proprie. Questo ha generato fortissime reazioni da parte di imprese, associazioni e giuristi, che hanno subito denunciato:

  • la violazione del diritto dell’Unione Europea, in particolare dei principi sulla libera circolazione delle merci;
  • la mancata notifica alla Commissione Europea, obbligatoria in caso di restrizioni tecniche (violazione della direttiva 2015/1535);
  • la mancanza di prove scientifiche solide che giustifichino il pericolo concreto delle infiorescenze con CBD.

Ricorsi e battaglie legali in corso

A partire da aprile 2025, sono stati avviati diversi ricorsi legali per contrastare l’applicazione dell’art. 18:

  • Un ricorso civile al Tribunale di Firenze, con richiesta di disapplicazione della norma per contrasto con il diritto UE;
  • Un’impugnazione al Consiglio di Stato dopo il rigetto da parte del TAR del Lazio di un altro ricorso sul CBD;
  • Una procedura di verifica da parte della Commissione Europea, che potrebbe sfociare in una procedura d’infrazione contro l’Italia.

Queste azioni sono ancora in corso, e il loro esito potrebbe segnare un punto di svolta nel settore della canapa industriale in Italia.

 

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